Cracco Cracco Cracco. Lo chef più blasonato d’Italia. Tutti lo cercano tutti lo vogliono. Ecco la nostra recensione al suo nuovo progetto “Carlo e Camilla in Segheria”.
L’insegna Carlo e Camilla in Segheria appesa ad un cancello industriale, in una via lontana dal solito triangolo milanese Navigli-Isola-Brera. Da qui inizia la poesia di un nuovo locale che sta facendo discutere la community dei foodie cittadini e non.
Un nome riecheggia continuamente, Carlo Cracco. Per tutti è il suo nuovo ristorante. Ma in realtà lo chef è il grande assente della serata. Perché riempirsi la bocca col suo nome quando l’atmosfera é già così perfetta?Anche perchè ve lo dico subito, senza mezzi termini: non mangerete come da Cracco. Proprio no. Quindi a non nominarlo è meglio.
Per me è uno di quei rari casi in cui il cibo passa in secondo piano. Il vero protagonista è il bellissimo locale flamant. Il buon gusto con il quale sono state non-trattate le pareti, la sorpresa di sedersi ad un tavolo condiviso a forma di croce che mette tutti sullo stesso piano, uno accanto all’altro, nessuno più non-comodo dell’altro (le sedie sono abbastanza anguste). I lampadari di cristallo, le ceramiche Richard Ginori che danno quell’aura di classe a tutto.
Peccato che il servizio Ginori venga sostituito con i piatti di portata, peccato i tovaglioli di carta, peccato le bottiglie d’acqua in plastica. Peccato. Sicuramente avranno fatto le loro valutazioni e avranno fatto questa scelta per dare l’impressione di essere in posto più “spartano” e accessibile. Ma diciamolo, sembra tanto un fake. Non c’è bisogno di far finta di essere un ristorante low cost quando tutto il resto grida il contrario.
Perchè comunicare che si tratta di un posto democratico-popolare, quando in fondo non lo è?
Quando si varca la soglia, infatti sembra quasi di entrare in un luogo mistico, di profanare qualcosa di non-concesso a tutti. Però non c’è silenzio. Il buio e le luci direzionate solo sulle pareti e sul tavolo, i soffitti altissimi e le pareti spoglie fanno rimbombare i suoni. L’impatto è quindi frastornante, si viene spiazzati da uno spazio così vuoto ed eccezionalmente bello allo stesso tempo, in una sorta di Sindrome di Stendhal moderna.
Ci si dimentica di essere a Milano, sembra di trovarsi in un non luogo. Lo sguardo continua a fermarsi con stupore sulle pareti nude, sui lampadari solenni, sulle ceramiche lattee. Disorientati, in un attimo ci si trova seduti ad un bancone bianco e lungo, anzi lunghissimo, come quello del Cappellaio matto in Alice nel Paese delle meraviglie. È un’atmosfera surreale e affascinante allo stesso tempo. L’essere così frastornati distoglie l’attenzione (per fortuna) dai piatti.
Ragout ha provato la loro versione delle uova benedettine. La presentazione è originale, ma il gusto dov’è?
Gli spaghetti alici, lime e caffè? Mi sono sembrati molto “normali” e facili da replicare anche a casa.
L’omelette con baccalà, piselli e gruè di cacao: insipida.
La carne, piatto forte del menù, è tenerissima, ma da come era stato spiegato il procedimento del magico forno Josper, dell’affumicatura non c’è traccia.
Per i dolci non spendiamo parole inutili. Non classificati. Oltretutto la cifra di 9 euro per un semifreddo al niente (che doveva essere al mascarpone e sesamo nero) è abbastanza grave.
Ma allora la firma di Carlo Cracco dov’è?
I cocktail sono stati l’unica cosa a tavola che non ha deluso. Fatti a regola d’arte e da sorseggiare anche durante il pasto. Per gli amanti del Moscow Mule come me c’è un’interessante variante con la curcuma. Da provare.
Costo della cena? Circa 50 euro a persona. Per un antipasto, piatto principale, dolce e 1 cocktail.
Non è una cifra impossibile, ma mi pare oltre la media per un ristorante che vuole essere “democratico”.
Dunque, io ci tornerò senz’altro. Ma per il cocktail bar. #cracconasega
Carlo e Camilla in Segheria
Via Meda 24, Milano
Telefono 02 8373963
In realtà Cracco non ha mai detto che sarebbe stato ai fornelli di Carlo e Camilla in segheria. Abusando del suo successo ha semplicemente fatto un po’ il “furbetto del quartierino” promuovendo urbi et orbi un ristorante il cui VERO chef sarebbe stato il fratello della sua fidanzata. E’ caduto anche lui nel giochino facile facile del nepotismo e secondo me sta facendo una gran brutta figura perché (io non sono ancora stata da Carlo e Camilla in segheria ma ci andrò, per farmi la mia opinione) la gente che sa mangiare non la intorti così facilmente…
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Ciao Moms about town, ti ringrazio molto per il tuo commento. Infatti é risaputo che lui non sia dietro i fornelli, ma comunque abbia contribuito alla creazione e scelta del menù insieme al cognato. La gente però associa automaticamente il nome del locale al nome di Cracco, questione di marketing. Sfruttando il suo nome, ma non la sua cucina, pensava forse di creare un locale “democratico”. Ma come dici giustamente tu la gente che sa mangiare (ma anche chi ha meno esperienza) sa riconoscere un buon ristorante da uno “improvvisato” o “fake”.
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Concordo! Anche Berton ha collaborato al successo del progetto Pisacco e ne è socio senza esserne lo chef ma almeno lì si mangia bene a prezzi onesti per davvero.
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Concordo pienamente. Io sono una grande fan di Berton e delle sue idee. Per me Pisacco è uno dei posti migliori a Milano per qualità/prezzo e ottimo servizio. 😉 Mi sarei aspettata una cosa simile da Cracco…
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D’accordo con la recensione. cibo discreto, cocktail buoni, posto molto carino. non penso valga la spesa. Ho trovato il servizio tragico (ok sono aperti da 1-2 mesi), ma pur essendo solo in due non abbiamo ricevuto due portate assieme, abbiamo dovuto chiedere circa 30 volte la carta del vino e il pane, e si sono sbagliati sui caffè. Per non parlare del fatto che quando ho rimandato in cassa un conto da 60 euro, dicendo che il nostro sarebbe dovuto essere circa il doppio, non hanno né ringraziato per l’onestà, né arrotondato la cifra, né ci hanno offerto i caffè… male….
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Ciao Vittorio, grazie per aver condiviso la tua esperienza. Come ho scritto in un post precedente per me il servizio è quasi più importante del cibo. Peccato che a volte ci siano così tante carenze.
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